Il centro dello sport paralimpico argentino è un quadrato grande quanto un isolato, o una manzana, come dicono qui. Quattro ettari, incastrate tra quattro vie: Ramsay, Dragones, Echeverría y Blanco Encalada.
È lì che per la stragrande maggioranza delle persone disabili argentine inizia il percorso che li porta a fare sport, di alto rendimento e non. Vi ha sede il Servizio Nazionale di Riabilitazione, e anche le palestre, una piscina e i campi da gioco.
È un luogo antico e pieno di storia, una storia che ci è stata raccontata mille volte, perché è la storia delle origini dello sport per i disabili in Argentina, e il luogo dove è iniziata la pratica sportiva per quasi tutti gli atleti.
È una storia che ha inizio nell’ottobre del 1951. Apre i battenti la Ciudad Estudiantil, che ospita i centri educativi e d’accoglienza costruiti dalla Fondazione Eva Peron, dove studiano ragazzi provenienti da famiglie a basso reddito, provenienti da varie località del paese. La particolarità è che la Ciudad Estudiantil si costituisce, per volontà di Evita, come una vera e propria scuola di leadership politica. Come attività didattica i ragazzi hanno il compito di governare la città insieme ai loro professori. Per questo Evita fa costruire il Salone Bianco, il Salone degli Accordi e l’ufficio presidenziale, che Juan Domingo Peron, allora presidente, utilizza. Gli alunni più meritevoli assumono perciò funzioni governative, che si uniscono alle diverse attività educative, ricreative e sanitarie (teatro, biblioteca, giochi da tavolo, cinema, boxe, scherma, nuoto ecc).
Nel 1955 l’autoproclamata “rivoluzione liberatrice”, ovvero il colpo di Stato di Pedro Eugenio Aramburu destituisce Peron, e smantella la Ciudad Estudiantil. Tuttavia, a differenza di molte altre opere architettoniche dell’epoca di Peron il palazzo non viene buttato giù (e ancora oggi resiste intatto). E appena un anno dopo, nel 1956, Aramburu e i suoi realizzano che lasciarlo in piedi è stata una scelta provvidenziale. Nel paese si scatena un’epidemia di poliomelite senza precedenti. La malattia, un’infezione virale che colpisce il sistema nervoso centrale e che nella maggior parte dei casi provoca come effetto una paralisi, colpisce 7000 persone nel paese, in particolare bambini tra i 5 e i 10 anni. Alla fine provocherà 3000 morti, di cui 2000 solo a Buenos Aires.
Il governo ha bisogno di mettere in piedi, in fretta e furia, un centro che possa fare fronte all’emergenza e accogliere centinaia e centinaia di malati. Nasce così, nei locali della Ciudad Estudiantil, la “Comisión Nacional Permanente para la Rehabilitación de los Lisiados” (Commissione Nazionale Permanente per la riabilitazione degli handicappati).
Nella città intanto si sta diffondendo il panico del contagio e la popolazione si organizza in gruppi di pulizia, mossi dalla credenza che “il virus è nell’aria”. In realtà la malattia si trasmette attraverso il sistema digerente e si estende poi al sistema nervoso, dopo un periodo di incubazione che può oscillare tra i 4 e i 35 giorni. Giacchè le celule del sistema nervoso, una volta distrutte, non si possono riparare né rimpiazzare, la lesione delle cellule che controllano i movimenti può produrre una paralisi permanente. Questo avviene per uno ogni cento casi di infezione acuta di poliomelite.
Specialisti di Harvard vengono in Argentina a tenere corsi di formazione per i medici locali, impreparati ad affrontare l’epidemia. Tuttavia la paura di contrarre il virus è forte, nell’estate del 1956, e capita spesso di vedere vicini di persone contagiate per strada, impegnati a lavare le strade con candeggina e detersivi. Si dipingono le pareti e gli alberi con una mano di calcina bianca, per tenere lontano il virus. La mano di pittura bianca rimane caratteristica della città per molti anni ancora, anche quando l’epidemia di poliomelite già è stata debellata grazie ai piani di vaccinazione obbligatoria.
Nel 1969 il centro di Ramsay si costituisce come ente autónomo, e prende il nome di “Servicio Nacional de Rehabilitacion y Promocion de la Persona con Discapacidad”, servicio nazionale di riabilitazione e promozione della persona con disabilità, fino a che nel 1996 il servizio diventa decentralizzato, e nel 2005 un altro decreto ne abbrevia il nome in “Servizio Nacional de Rehabilitacion”. Il Centro è oggi responsabile della produzione normativa e dell’esecuzione delle politiche relative alla disabilità e alla riabilitazione integrale, e il suo obiettivo è quello di contribuire all’inclusione delle persone con disabilità e delle loro famiglie nella vita sociale, nel segno del rispetto dei diritti stabiliti nella Convenzione sui diritti delle Persone con Disabilità.
Tra ieri e oggi queste mura hanno visto nascere quasi tutti i movimenti sportivi per disabili del paese. Qui hanno iniziato a giocare a basket, a tennis, a boccia, a calcio, solo per citarne alcuni. Qui i bambini vanno in piscina e ci sono gli allenamenti di scherma. E anche se oggi in molti coltivano il progetto di decentralizzare lo sport per disabili nel paese, favorendone la diffusione sempre più capillare in zone periferiche, il centro di Ramsay rimane la culla dello Sport Paralimpico in Argentina e una parte importantissima della sua storia.
Se solo le sue pareti potessero parlare…