“Quando il movimento paralimpico incontra Rio de Janeiro qual’è il risultato?
Una festa per tutti i sensi, per provocare, per ispirare, per celebrare la dimensione umana nella sua totalità”.
Ce l’aveva anticipato nei giorni scorsi Fred Gelli, direttore creativo della cerimonia di apertura, insieme al giornalista e scrittore Marcelo Ruben Paiva e all’artista plastico Vik Muniz, e ideatore, con la sua azienda Tatíl, del logo dei Giochi Paralimpici: un cuore.
“È un cuore pulsante, e l’intensità del battito aumenta man mano che ci si avvicina. La differenza tra questo logo e tutti quelli pensati in precedenza è che questo è tridimensionale e multisensoriale, e può essere sperimentato dal pubblico attraverso il contato físico. Perciò sarà esposto in punti strategici di passaggio del pubblico sia in città che nel Villaggio Olimpico, per poter offrire a chiunque l’esperienza di vivere questo contatto con il simbolo”. Un simbolo, aveva aggiunto, allineato con i valori del Movimento Paralimpico: coraggio, determinazione, ispirazione e uguaglianza.
Un simbolo che è stato anche alla base anche del concept della cerimonia“Il concetto che guida la cerimonia è: tutti hanno un cuore, un concetto che insiste, ancora una volta, sull’idea di uguaglianza”. L’intento dichiarato era quello di “aguzzare tutti i cinque sensi, riuscendo ad attivare ogni sensibilità e percezione, al di là della vista”.
Per raggiungere quest’obiettivo, e ricalcare, come aggiunge lo stesso Fred Gelli, “l’energia infinita che questi atleti utilizzano per uscire dal fondo del pozzo dopo essere nati con disabilità o aver sofferto incidenti e per arrivare al gradino più alto del pódio” hanno contribuito moltissime persone. Però, ci tiene a specificare Alfredo Accatino direttore creativo di Filmmaster Events, che era stato anche autore delle cerimonie olimpiche e paralimpiche di Torino 2006:“è una cerimonia in cui c’è moltissima Italia, ed è bene dirlo, perché è un lavoro di eccellenza. E’ italiana la produzione, realizzata da Filmmaster con i soci brasiliani di SRcom che insieme a noi hanno dato vita alla società Cerimonias Cariocas 2016. E sono stati decine i professionisti italiani che hanno lavorato al progetto: dagli stage manager ai costumi, dalle luci alla produzione esecutiva. Ed è stata vincente la scelta di lasciare lo sviluppo della parte artistica ai brasiliani perché ci sembrava giusto che fossero proprio loro a raccontare chi sono e cosa vogliono essere. E’ un altro risultato della qualità italiana nel mondo, e ne siamo fieri”.
Missione compiuta, e lo si vede già dai primissimi secondi, quando il Maracanã pieno, zeppo, festoso, colorato, trepida al lentissimo conto alla rovescia, in contrasto con l’attacco, di una velocità estrema, il presidente dell’IPC Philip Craven, nuovo conto alla rovescia e l’esplosione, con il salto spettacolare di Aaron Wheelz, da una rampa di 17 metri, il volo in carrozzina, l’atterraggio e i fuochi d’artificio. Si dice che abbia detto Aaron Wheelz, americano di Las Vegas che ha il sogno di disegnare la carrozzina più estrema di sempre: “se ha le ruote com’è possibile che non sia divertente?”. E infatti subito dopo arriva l’omaggio alla ruota, e la scelta della roda de samba, guidata da Pedrinho da Serrinha, che ha solo 7 anni ma che suona il pandeiro come noi non lo suoneremmo in sette secoli ha un valore culturale potentissimo.Missione compiuta: quando il movimento paralimpico incontra Rio de Janeiro il risultato è una festa per tutti i sensi.
Si racconta perciò Rio de Janeiro attraverso una giornata affollata in spiaggia, con ombrelloni, palloni e venditori di mate batuqueiros, e si passa poi, con una straordinaria capacità di attraversare le emozioni in tempi brevissimi allo struggimento dell’inno nazionale brasiliano nella versione speciale del maestro João Carlos Martins, tornato sulla scena dopo aver abbandonato il piano a causa di un’atrofia alle dita della mano.
Entra la bandiera brasiliana e il clima si fa più solenne. Il pubblico accompagna e sostiene con calore ciascuna delle 159 delegazioni di atleti che sfilano. È un pubblico straordinario, quello del Maracanã, e il boato che accompagna la camminata dello Zimbabwe, ultima delegazione prima del Brasile è tutto per i 286 beniamini di casa. Così come i fischi, all’unisono, dei 50.000 spettatori sono solo ed esclusivamente per il presidente non eletto Michel Temer, e si sentono, potentissimi, interrompono il discorso del presidente del comitato organizzatore Rio 2016 Carlos Artur Nuzman solo nel momento in cui ringrazia le autorità municipali, statali e federali. Lui riprende, imbarazzatissimo, e lo acclamano per tutte le altre parole che pronuncia.
Esplode fortissimo, convinto il “Fora Temer” del pubblico, che ha appena ascoltato il discorso inaugurale di Philip Craven con estremo rispetto, non appena Temer pronuncia le poche parole di rito: “dichiaro ufficialmente aperti i Giochi Paralimpici di Rio 2016”.
Ritorna la calma, immediata, quando il presidente abbandona il palco in maniera un po’ frettolosa, e inizia l’esplorazione dei sensi, mettendo in discussione l’importanza della vista con esplosioni di luce e momenti di black out, e della scomposizione della figura umana, attraverso la danza, il movimento, l’indagine sulla relazione tra l’uomo e la tecnologia, incarnata dalla snowboarder e ballerina americana Amy Purdy che danza insieme a un robot su protesi in punta, e poi inizia a sambare con la massima naturalezza. Lei è splendida. Il robot è un robot.
Intanto è entrata la bandiera Paralimpica, anticipata da pittogrammi che mostrano il movimento che c’è dentro lo sport paralimpico e portata da bambini (e genitori) che camminano insieme attraverso uno stivale adattato, che serve a permettere di giocare a calcio a chi non potrebbe. È una camminata lenta e intensa che ha il ritmo della cerimonia: il ritmo a cui camminano le persone.
Chove chuva, chove sem parar (piove pioggia, piove ininterrottamente), come dice una canzone di Jorge ben Jor, nel momento più magico di tutti, quello dell’accensione della torcia. In pochi si accorgono che è iniziato a piovere, una pioggia torrenziale, fittissima. Il corridore Antonio Delfino de Souza inizia la catena, e passa il testimone a Marcia Malsar, ex atleta, che ha dato un enorme impulso al movimento paralimpico brasiliano. Lei prosegue il cammino, a piccoli passi, e cade sul terreno sempre più bagnato, sempre più scivoloso, ma si rialza subito, e la torcia arriva alla sprinter non vedente Adria Rocha dos Santos, che con molta cautela la passa a sua Clodoaldo Silva, ultimo della catena. Il nuotatore, uno dei più importanti atleti brasiliani in attività, si trova davanti una scala, si ferma perplesso e la scala, come per magia, diventa una rampa. Clodoaldo, detto lo squalo, nuota, letteralmente, fino in cima, e accende la fiamma. In quell’esatto istante la pioggia smette di cadere, non è riuscita a spegnere il fuoco.
Tocca a Seu Jorge concludere, cantando: “É preciso saber viver”, bisogna saper vivere, regalandoci l’ultima consapevolezza di aver vissuto una serata speciale, che ha saputo essere oltre il tempo e lo spazio e allo stesso modo qui e ora, a Rio de Janeiro, dentro la città, dentro la cultura, dentro le persone.
Chi si aspetta che la vita
Sia fatta di illusioni
Può diventare matto
O morire solo
Bisogna stare attenti
Per non soffrire
Bisogna saper vivere
Tutte le pietre dal camminoSi possono scalciare via
Con un fiore che ha le spine
È possibile graffiarsi
Se il bene e il male esistono
Tu puoi scegliere
Bisogna saper vivere
Bisogna saper vivere
Oggi è un giorno di quelli in cui fare tutti i ringraziamenti sarebbe impossibile.
Ringraziamo l’universo, perchè siamo qui. Ecco. Nell’universo siete compresi tutti.