Tempi strani
Il 29 settembre 2014, proprio all’inizio del viaggio di Storie Paralimpiche, sul primo dei due aerei che mi avrebbero portato a Rio de Janeiro, un volo dell’Air France Roma-Parigi, il mio vicino di posto stava leggendo un articolo su una rivista di cui non ricordo il nome. Solo un anno prima probabilmente non ci avrei fatto caso, ma lavorare con MATRIOSKA mi ha reso sensibile ai temi che riguardano la salute mentale, e allora ho allungato il collo per leggere meglio da dietro le spalle del mio vicino. Probabilmente sono stata parecchio fastidiosa perché lui, sbuffando, mi ha subito dato la rivista.
L’articolo in questione era un’intervista alla figlia di Franco Basaglia, lo psichiatra più conosciuto del secolo scorso, che racconta i passi indietro che si sono fatti negli ultimi anni in relazione alla legge da lui promossa e che porta il suo nome, la legge 180 del 1978, continuamente criticata e rimessa in discussione nel suo stesso fondamento: la chiusura dei manicomi.
Ho chiuso con stizza la rivista e l´ho restituita al vicino. Lui, meno infastidito e piú cordiale di prima mi ha sorriso e mi ha detto: “non si arrabbi signorina, nel nostro paese sono tempi strani”.
Sul secondo aereo, Parigi-Rio, mi giravo e rigiravo sul sedile senza riuscire a dormire.
“Ha proprio ragione, caro signore, riflettevo. Nel nostro paese sono tempi strani. Sono tempi in cui si disfa ció che si é fatto, in cui ci si dimentica. Tempi in cui si parla a sproposito e si cammina all´indietro come i gamberi. Tempi in cui si rinnega il passato e si cancella ogni idea di futuro”.
L´atterraggio é migliore
Chiaro, non tutti noi camminiamo all´indietro, per fortuna. Ma di sicuro la salute collettiva della nostra societá é in pericolo, ed é importante ricordare che esistono delle alternative al rinchiuderci tutti in un manicomio. E per ricordarcelo facciamo un salto dall’altro lato del mondo, visto che ci stiamo.
Nella cittá di La Plata, capitale amministrativa della provincia di Buenos Aires, c´é un luogo che si puó considerare un´esperienza pioniera di desmanicomializzazione in Argentina, dove c´é comunque una legge, la Ley Nacional de Salud Mental, la 26657 del 2010, in via di applicazione, che sancisce la chiusura dei manicomi.
Il Centro de Salud Mental Comunitaria “Franco Basaglia” esiste dal 2007.
“Il centro nasce da un’idea di medici e infermieri dell’ospedale psichiatrico Alejandro Korn, e dipende dall’ospedale” – ci spiega Patricia Pauluc, psichiatra, responsabile del centro, che negli anni ottanta ha svolto un tirocinio a Trieste. “abbiamo scelto di intitolarloal Dr. Franco Basaglia perché il suo nome richiama la prima Legge Nazionale di riforma della Salute Mentale, che é stata istituita in Italia, e che rappresenta un processo di trasformazione istituzionale manicomiale e comunitaria che ha portato alla chiusura degli Ospedali Psichiatrici, e alla nascita di istituzioni alternative’. L’idea del Centro Basaglia é quella di restituire i pazienti psichiatrici alla comunitá e la comunitá ai pazienti psichiatrici. Per questo é importante che la struttura sia dentro la cittá, e infatti é in pieno centro, tra calle 49 e calle 15, a due passi dalla splendida cattedrale gotica. “Il pregiudizio dei cittadini comuni nei confronti degli utenti é ancora molto forte, ma stando a contatto con la comunitá cerchiamo di abbatterlo giorno dopo giorno”. Gran parte delle persone che frequentano il Centro sono tuttora “inquilini” dell’alejandro Korn, mentre per altri si cerca, tra fatiche umane e impedimenti burocratici, di costruire percorsi di autonomia e spazi di indipendenza.
Raccontare e raccontarsi
All’interno del centro grande importanza rivestono le attivitá laboratoriali, che stimolano la socializzazione, l’autostima e il lavoro di gruppo. In particolare l’area dei laboratori artistici e di comunicazione é piuttosto ricca: il centro ha da anni un laboratorio di radio, che produce il programma LOS GLADIATORES DE LA SONRISA (I Gladiatori del Sorriso), un laboratorio di letteratura, una rivista e un laboraiorio video. Al loro interno si sperimentano e si uniscono linguagg e si va svelando il talento di ognuna delle persone che vi partecipano. Come quello di Leandro, che studia giornalismo, dá il suo contributo sia al laboratorio di radio che a quello letterario e sogna di diventare un giornalista sportivo. Appena ci presentiamo mi recita a memoria tutte le Nazionali che hanno vinto i Mondiali dal 1930 a oggi.
“E tu ci giochi anche, a calcio?”
“Sí, certo!”
“E dove?”
Ma che domande faccio? Nel laboratorio di sport, ovvio!
Il laboratorio di calcio é gestito da una ragazza giovanissima, Maria Eugenia, che fa parte del club Estudiantes di La Plata. Insieme a lei, a Fernando, che collabora al laboratorio letterario e a Raul “Pinky” Simon, eclettico videoartista e musicista, responsabile della radio, ci viene un’idea che inserisce il Centro Basaglia perfettamente “dentro” il progetto Storie Paralimpiche: i ragazzi racconteranno, attraverso la radio e gli altri linguaggi, le storie di chi, all’interno del Centro Basaglia, pratica sport. “E perché no…poi potremmo venire alle Paralimpiadi!”, giá. Perché no!
Due ore ben spese
In attesa che l’idea si concretizzi Fernando mi invita a partecipare al laboratorio letterario, e sono le due ore meglio spese della giornata. I ragazzi sono felici della mia presenza, tanto felici che io mi imbarazzo. Alla fine Juan, l’infermiere, mi regala una poesia, ispirata da uno dei pazienti dell’ Alejandro Korn:
ADDIO MANICOMIO
Addio ai materassi spogli,
alle uniformi e alle scarpe altrui,
alle docce affollate,
alle file chilometriche per le pastiglie.
Addio agli infermieri violenti,
istruiti ad addomesticare
i pazienti piú veementi
come fossero bestie da ammansire.
Addio ai miseri professionisti
che medicano dai loro uffici,
e trattano i pazienti come si fa
con le cavie da laboratorio.
Addio reclusioni senza permesso,
contenzioni meccaniche,
vomito sul pavimento,
convulsioni provocate.
Addio ai padroni dei chiavistelli,
a chi critica le risate,
a quelli che provocano i tagli
e alla camicia che immobilizza.
Addio alle punizioni immeritate
e che nessuno si finga meravigliato
ho visto piú di quello che dico
piú di quanto un uomo puó sopportare.
Addio, maledetta burocrazia,
che con i suoi ostacoli rende importenti
coloro che soffrono la disgrazia
di essere discriminati per la loro malattia.
Addio con una mano diciamo
a questo mondo cosí oscuro,
e con l’altra mano costruiamo
un mondo migliore per il futuro.
Juan José Gilabert
Poi Pinky mi porta a vedere la sede dell’Asociacion Civil Una Movida de Locos, di cui fa parte lo stesso personale e che ha gli stessi utenti del Centro Basaglia, ma é esterna all’ospedale: “infatti in realtá l’ospedale non vuole che facciamo qui le attivitá durante la giornata, perché significherebbe uscire dalla sua sfera di controllo”. All’interno della casa si organizza un mercatino dell’usato, e poi concerti, eventi, c’é anche un ristorante.
Abituati a lottare
E il personale del Centro Basaglia é senz’altro abituato a lottare: “ci sono stati momenti in cui, all’interno dell’ospedale, abbiamo sofferto dei veri e propri boicottaggi, ci espellevano dalle sale, dicevano alle persone di non parlare con noi.” – racconta Pinky, insieme a cui, intanto, viaggiamo con la mente, pensiamo e progettiamo. Quando arriva il momento di salutarci abbiamo giá creato una radio di RIO 2016, e siamo pronti a lottare per lei.
Grazie a: Patricia per l’accoglienza, Pinky per la gentilezza, Juan per la poesia, Eugenia per l’entusiasmo, Vidriera Solitaria per il calore e la foto e Fernando per la buena onda, sempre.