Di Diana Pintus
Calore
Il buongiorno si vede dal mattino, nel sole d’oro scintillante che filtra dalla finestra. Nel sorriso allegro con cui saluta il giornalaio di Gloria: “hoje voltou o calor”, decreta. Oggi è tornato il caldo.
Ed è un caldo senza tregua, un caldo che toglie il fiato, che blocca sulllo zero a zero Murcielagos e Seleção Brasiliana di calcio a cinque non vedenti, che comunque sono entrambi primi nel girone e passano in semifinale, un caldo che costringe la folla del Parco Olimpico a fare a gara per rifugiarsi all’ombra. Un’ombra che non c’è, quasi per niente, chi ha progettato il parco non l’ha proprio pensata, e allora non resta che stringersi, ammucchiarsi, fare a turni, offrire acqua, scambiare sudori, parole accaldate e stupite, perché “sapere che ci sono delle persone con disabilità che fanno sport a questi livelli è una cosa, ma vederle in azione è tutto un altro conto”.
Così ci dice una signora carioca sul punto di svenire, che ha comprato il primo biglietto un po’ per caso e sono tre giorni che non può fare a meno di ritornare: “abbiamo già visto il calcio, il basket, il goalball. Adesso nuoto, sitting volley, poi ci piacerebbe una gara d’atletica, ma non sappiamo quale…c’è un’atleta di Bergamo, non è vero?” Di Bergamo? Rispondo io. Sì, Martina, Martina Caironi. ma perché? “Abbiamo una cugina che vive a Bergamo…” Spiega la figlia, che insieme al fratello colleziona pins, ne ha già una trentina al collo e insegue chiunque per vedere se ne ha qualcuno da scambiare. “Quando è la gara di questa ragazza? Ci piacerebbe tifare per lei.” Campanilismo internazionale. Lo incoraggiamo più possibile, ovviamente.
Campanilismo internazionale come il nostro, che ci vestiamo da tifosi per il nostro sport preferito in assoluto, la boccia.
Entrando ci colpisce il contrasto, tra gli spalti pieni, allegri, rumorosi, e la tribuna stampa: praticamente vuota. Non ha nemmeno la copertura televisiva la boccia, a Rio 2016. “È vergognoso. È lo sport più inclusivo in assoluto e non ha spazio alle Paralimpiadi? Insomma, se non qui dove sennò? È un peccato, anche perché se questo sport non viene divulgato nessuno capirà mai come funziona. Per esempio gli spettatori che sono venuti ieri oggi cominciano ad applaudire nei momenti giusti. Ieri era da ridere: c’erano dei boati nei momenti più impensabili…oggi va già meglio! Certo fa rabbia: ieri, che il Brasile ha vinto l’oro nella categoria BC3, quella in cui per lanciare si usa il canaletto, improvvisamente giravano tutti qui intorno. Sono arrivate personalità, madrine, a provare la boccia. Ma io mi chiedo: perché solo dopo che è arrivato l’oro? Perché non c’è questo interesse tutti i giorni?”.
Famiglia boccia
Idenilza Ferreira, la madre di Lucas Araujo, atleta di categoria BC2 presidia gli spalti insieme al marito Samuel. Sono due genitori sempre presenti, sempre disponibili: ad accompagnare, a facilitare, a sostenere. Ma anche a lasciarlo andare, Lucas, a lasciargli vivere la sua vita. Mentre tira restano in silenzio, rompendolo solo per incitarlo alla calma. “Calma, filho!” – grida Idenilza. “Io so capire quando è teso, nervoso. Lo vedo dalla posizione delle spalle. Da come le chiude, si incurva”.
Lei invece, chiacchierona, quando Lucas è in campo diventa improvvisamente muta. A farle da contraltare Estephani, migliore amica di Lucas, che grida, freme, tifa fortissimo. Soffre, si infervora, discute, persino, durante la prima partita del girone, che Lucas perde contro il portoghese Valente, con una signora del pubblico che commenta: “non importa chi vince, sono già tutti vincitori ad essere qui”.
“Diresti la stessa cosa a una partita della Nazionale di calcio? Questa è una competizione, una partita! Quelli in campo non sono poverini! Sono persone!”.
Sono atleti, e come tutti gli atleti vincono e perdono. Perde la prima partita, Lucas, forse patendo un po’ l’inesperienza. Parte all’attacco, realizza il primo punto ma poi cede, i suoi lanci diventano imprecisi, si innervosisce, sbaglia. Alla fine è il portoghese Valente a lanciare più vicino alla boccia bianca che segna il punteggio, e a vincere. Alla partita della sera, decisiva, il clima è più teso, ma poi si distende: stavolta l’avversario, il cinese Zhong, non può niente, e Lucas chiude la partita 9 a 0. Ora c’è da aspettare il risultato di oggi per sapere se Sapinho (ranocchietto, questo il soprannome di Lucas in nazionale) accederà ai quarti di finale, alimentando così una catena di bellezza, di torcida, di calore, il calore di quella grande meravigliosa famiglia che è la boccia.
La gara più lunga
Un calore che impacchettiamo e portiamo con noi, che si va ad aggiungere a quello atmosferico. Un calore che si moltiplica dentro lo Stadio Acquatico, in cui nel frattempo, dopo le qualifiche della mattina, sette nuotatori italiani sono arrivati in finale: Fabrizio Sottile nei 100 rana SB12, Vincenzo Boni nei 50 stile libero S3, Francesco Bocciardo nei 400 stile libero S6, Arianna Talamona nei 200 misti SM7, Valerio Taras nei 200 misti SM7, Emanuela Romano nei 400 stile libero S6, Martina Rabbolini nei 100 rana S11. Vista l’abbondanza di finali ci viene voglia di vedere una medaglia, e prontamente, neanche il tempo di sederci e arriva: oro. Nei 400 stile, la gara più lunga.
“È successo che sono partito troppo piano, non mi sentivo benissimo, e ho capito subito che per farcela avrei dovuto ribaltare immediatamente la situazione, e allora è stata questione di un attimo: ho dato uno strappo e sono passato in testa. E ci sono rimasto fino alla fine”. È una giornata caldissima anche per Francesco Bocciardo. Sa che è la sua gara, sa che può vincerla, ma sa che per farlo deve dare quel qualcosa in più, e ci riesce, si affida a sé stesso, si prende il rischio di spendere troppe energie e di andare in debito d’ossigeno, alla consapevolezza di poter gestire quello strappo. E ci riesce, con il tempo di 5’02”15, andando a vincere dopo una gara sempre in testa. Genovese, studente modello di scienze politiche: “ho finito la triennale in due anni e sto per completare il ciclo dei cinque anni, laureandomi con un anno di anticipo. Nella mia vita non c’è solo il nuoto, ho tante passioni, fra cui quella di gestire, insieme ad alcuni amici, un portale che si occupa di cinema. Voglio sottolineare questo, che sono un ragazzo che fa tante cose. In futuro vorrei lavorare nella pubblica amministrazione, e continuare a rappresentare il mio paese come ho fatto nel nuoto”.
Un ragazzo d’oro, che ha regalato a noi l’ennesima emozione di una prima volta: la prima volta di una medaglia d’oro olimpica italiana, il podio, l’inno nazionale, la bandiera che si alza. Il nostro primo oro, che in realtà è il secondo per l’Italia, dopo quello di Federico Morlacchi, cui si va ad aggiungere la pioggia di stamattina: Alex Zanardi, Vittorio Podestà e Luca Mazzone nel ciclismo, Assunta Legnante nell’Atletica. Sei! Che si aggiungono ai sette argenti e agli otto bronzi. Una bellezza di cui si fatica a tenere il conto! E chissà che proprio in questo momento non ne stiano arrivando altre, di medaglie, con sette atleti italiani in gara nel fioretto, tra cui la campionessa del mondo in carica Bebe Vio.
Grazie a Francesco per la pazienza, e perché la sua medaglia non la dimenticheremo tanto facilmente. Grazie a Lucas, Idenilza, Samuel e Estephani.