La palla tocca terra due volte, poi il giocatore la spedisce nel campo opposto. Dopo qualche secondo la palla ritorna, a gran velocitá, dall’altro lato del campo. Il giocatore intuisce la direzione, mette le ruote in assetto e spinge con tutta la forza che ha nelle braccia.
“Non ci arriverá mai” – pensiamo noi, il pubblico inesperto, e ci sembra di faticare con lui.
“Incredibile, ce l’ha fatta!” – ci ricrediamo, una volta che la palla è di nuovo dall’altro lato del campo, e l’azione che prima ci sembrava impossibile si è giá trasformata in uno dei tanti brevi momenti di magia della partita e volando la palla sta tornando e il giocatore si prepara alla corsa, e noi a soffrire, scuotendo la testa per guardare in un campo e nell’altro, come in una qualsiasi partita di tennis.
Nervi d’acciaio
Ma questa non è una qualsiasi partita di Tennis: è la finale del Torneo Miguel Zuñiga Memorial Open, torneo internazionale di tennis in sedia a rotelle, giunto alla sua quinta edizione. Siamo a Buenos Aires, a pochi passi dallo stadio del River Plate, nel cuore di Nuñez, il centro dello sport della città. L’atmosfera è tanto rilassata fuori dal campo quanto tesa dentro: per il secondo anno consecutivo si affrontano per la vittoria gli stessi due giocatori: Ezequiel Casco, el Mono, la speranza argentina, 21 anni, numero due argentino nel ranking mondiale (il primo, Gustavo Fernandez, è il numero 4 al mondo) e Robinson Mendez, cileno, 30 anni e tre Paralimpiadi alle spalle: Atene 2004, Pechino 2008 e Londra 2012. È lui, dopo una partita lunga, nervosa e molto combattuta, ad avere la meglio, con il risultato di 6-1/ 6-2.
“Attualmente sono il numero uno nel ranking di giocatori di tennis in sedia a rotelle del mio paese. Ho iniziato a giocare quando avevo quattordici anni. Prima camminavo, poi ho avuto un incidente, sono stato colpito alla schiena da un proiettile vagante durante una rapina, e allora ho iniziato a giocare a tennis, e ho iniziato ad allenarmi, a poco a poco. Ora ho trent’anni e ho viaggiato in tutto il mondo, ho giocato tre Paralimpiadi e il mio obiettivo quest’anno è qualificarmi per i Giochi Paralimpici di Rio 2016. Intanto, ad Agosto 2015, parteciperò ai giochi Parapanamericani. Sono molto concentrato su questi obiettivi, spero di poter onorare i giochi con una buona prestazione e magari di ottenere una medaglia per il mio paese”.
Robinson Mendez è nato e cresciuto a Santiago del Cile: “ è una città bellissima. Ti svegli, ti affacci alla finestra e vedi la cordigliera innevata”. Vi ritorna felice e soddisfatto del risultato ottenuto, che non poteva essere migliore, giacchè si è consacrato campione sia nel singolo che nel doppio, in coppia con il connazionale Francisco Cayulef. Approfittando della sua allegria gli chiediamo di raccontarci come funziona il tennis in sedia a rotelle in Cile: “In Cile il tennis in sedia a rotelle è regolato direttamente dal Comitato Paralimpico, non esiste una federazione specifica”.
Otto vecchi matti
In Argentina invece una federazione esiste: l’AATA (Associazione Argentina di Tennis Adattato) è nata nel 1997, anche se il movimento di tennis in sedia a rotelle esiste dagli anni ’80 ed è stato creato da un gruppo di sportivi che frequentavano il Centro di Riabilitazione di Ramsay “Veniamo tutti dal basket. Volevamo provare un altro sport. Per farlo c’era bisogno di un folle, come sempre, e il folle in questione fu un professore di tennis, che si chiedeva perché non si potesse giocare a tennis in carrozzina. Cosi coinvolse alcuni di noi, e poi altri, e poi altri…” – ci racconta Oscar Diaz, tra gli otto fondatori di AATA, insieme, fra gli altri, a Miguel Zuñiga, suo grande amico, cui é intitolato il torneo, morto nel 2000 mentre si preparava alle Paralimpiadi di Sidney, e a Oscar Sotomayor, seduto al suo fianco, che aggiunge: “Abbiamo iniziato in quattro, con il tennis, che era un’opzione in piú per quanto riguarda lo sport in sedia a rotelle. Oggi, dopo tanti anni abbiamo una scuola di avviamento al tennis per bambini e adulti, maschile e femminile. Oggi abbiamo il giocatore n. 4 al mondo, Gustavo Fernandez, il numero 30 al mondo anche è Argentino, e molto giovane, ha solo 22 anni”.
Risultati che, secondo Oscar Diaz sono frutto di un lavoro decennale: “pensaci un attimo: quando abbiamo iniziato eravamo otto vecchi matti e oggi, dopo 17 anni abbiamo ragazzi che girano il mondo…questo è molto piú che tennis; questa è tutta l’energia che ci abbiamo messo dentro, tutto il sentimento”. Molto piú che tennis, anche a detta di Oscar Sotomayor, secondo cui “l’idea della scuola di avviamento ha a che fare, oltre che con il tennis, con l’integrazione. Grazie ad essa i ragazzi imparano a gestirsi da soli, guadagnano la propria indipendenza, sia in casa che in campo. Scoprono che hanno delle capacità, molto al di lá di quelle sportive. Se non lo sapevano prima è perché nessuno gliene aveva data l’opportunitá”. L’obiettivo di AATA per il futuro è espandersi, sia geograficamente che quantitativamente. E stimolare la partecipazione dei giovani, non solo ad allenamenti e tornei, favorendone la visione proattiva e rendendoli parte integrante del processo: “Io sono stato uno dei primi giocatori del Sudamerica. Di conseguenza tutti i ragazzi che vedi qui, non solo gli argentini, ma anche quelli di fuori, sono figli tennistici miei. Questa per me è la cosa più bella”, conclude Oscar Diaz.
Chi vince e chi vince
Diego Moliner è uno di questi figli tennistici. Trentanove anni, ha fondato la Subcomísion de Tenís Adaptado de Cañuelas, cittadina a sud di Buenos Aires. I ragazzi della scuola di Tennis di Cañuelas sono stati per giorni la claque piú attiva ed entusiasta del torneo. È stato Diego stesso a portarci qui, e ora che tutto é finito ci da un passaggio a casa. Nonostante sia uscito dal torneo al primo turno, proprio contro il campione Robinson Mendez, Diego è contentissimo, dimostrandoci che in questo sport c’è chi vince e chi vince. Lui, infatti, ha vinto la Consolation Draw, il girone di consolazione, battendo in finale Enrique “Quique” Rodriguez, l’unico tennista Uruguaiano in sedia a rotelle. Ma questa è un’altra storia, e ve la racconteremo presto.