La ricchezza della vita di Storie Paralimpiche sono gli incontri con le persone.
Ci sono incontri inaspettati, incontri programmati, doverosi, incontri che aggiungono idee e incontri inevitabili.
E poi ci sono gli incontri segnati dal destino, in cui ti accorgi che la persona che hai davanti non avresti potuto non incontrarla, non importa in quale punto dello spazio-tempo.
Così è il nostro incontro con Hernan Marcelo Ruiz, corridore di Cordoba, con cui ci accorgiamo subito di avere diverse cose in comune. Più che un’intervista è una chiacchierata, quella con Hernan, una chiacchierata che avviene al solito CENARD, il centro, di allenamento e non solo, dello Sport di Alto Rendimento Bonairense. “Questo luogo è molto cambiato negli ultimi due anni – ci dice Hernan – se fossi capitata qui un paio di anni fa avresti trovato un clima molto più chiuso e meno accogliente. Lo sport paralimpico argentino sta crescendo, si sta aprendo”.
“E’ che i comportamenti di una società dipendono dalle idee che vi circolano in quel momento. Ora, in relazione alla disabilità, l’Argentina sta modificando le sue idee. Si è fatto strada un nuovo paradigma, quello dell’inclusione. E per quanti cambiamenti, politici e non solo, possano avvenire nei prossimi mesi e anni, su alcune cose non si potrà più tornare indietro”.
Tutto di personale
Hernan studia educazione fisica, corre, ed è il responsabile dell’atletica del CENARD. Un percorso che, come succede per molte persone in quest’ambiente, ha tutto di personale.
“Solo qualche anno fa non solo non avrei mai pensato di diventare un professore di educazione fisica, ma non avevo proprio niente a che fare con lo sport. Ho fatto vari lavori, un periodo sono stato anche in Spagna, poi sono tornato perché lì ho fatto una vita molto difficile, non è facile andare in Europa senza un lavoro e senza un appoggio, c’è molta burocrazia. Nonostante ciò è stata un’esperienza molto importante. Adoravo andare in moto, e molti dei lavori che ho fatto avevano a che fare con la moto”.
Poi l’incidente, in moto, cambia tutto. Gli amputano una gamba e Hernan si ritrova a guidare la compagine di atletica argentina. “non è semplice. Non c’è una federazione dedicata (lo sport è gestito dalla FADESIR, la federazione degli sportivi in sedia a rotelle) e quello che è più complesso è trovare atleti che corrano in giro per il paese. Soprattutto per le donne. Immagina: c’è una ragazza che corre velocissimo che vive al confine con il Paraguay, le strutture sono a Buenos Aires. Come la trovi?”. Incontriamo una volta di più l’esigenza e la voglia dello sport paralimpicoa argentino di decentralizzarsi, espandersi, capillarizzarsi. Per poter raggiungere sempre più atleti, sempre più pubblico, sempre più risultati. Prima e dopo Rio 2016.
“Ci sono incontri segnati dal destino, incontri che devono avvenire” – conclude Hernan. Come il nostro. E come quello con Paola Jenkins, del dipartimento Sport Paralimpici della secretaria de deporte del ministero dello Sviluppo Sociale. “Ci siamo incontrati una settimana fa per la prima volta. Stavo allenando una ragazza. Lei ci ha visti dalla finestra ed è scesa: dove l’hai trovata, mi ha detto. Non aveva idea che c’era una ragazza che correva così veloce che si stava allenando qui. Poi oggi mi ha detto che avrei incontrato voi”. Qua gli incontri avvengono così, per caso o perché è destino, e da ogni incontro nascono strade. Strade che fanno crescere. Il movimento paralimpico, lo sport, l’atletica, le persone.