Accanto al suo nome, Roberto Camelia è ormai celebre come “l’arbitro con la protesi”. Siracusano DOC, dopo un incidente automobilistico e l’amputazione della gamba fino al ginocchio non si è perso d’animo, e ha deciso di rimanere sul ring. Un esempio per non abbandonare mai il campo. In nessuna circostanza.
E’ molto onorato, Roberto, di sensibilizzare sulle tematiche dello sport paralimpico. Mi racconta che grazie all’attuale presidente del Comitato Italiano Paralimpico Luca Pancalli, così vicino alla disabilità, si è arrivati a capire quanto è importante avvicinare i due mondi sportivi. Adesso che il condottiero Pancalli c’è, è lui che traina la battaglia dell’indifferenza, che è l’elemento più importante e quello che distanzia il paralimpico da tutto il resto. E chi vince vince, poco importa. L’importante è che ci sia l’ attenzione verso certi temi.” Ognuno di noi ha delle storie bellissime da raccontare, e ciascuno è ormai diventato noto a causa ma anche grazie alle proprie disabilità, o agli incidenti avvenuti. Importantissimo, è combattere tutti insieme per i nostri successi, e arrivare all’obiettivo prefissato”.
E’ grato alla stampa, che dedica agli atleti e alle loro storie l’importanza che meritano, e l’arricchimento e l’aiuto è reciproco perchè, dice, si vive di luce riflessa, in cui entrambi si arricchiscono umanamente e professionalmente.
Com’è iniziato tutto Roberto ? Come ti sei ritrovato in questo mondo ?
Partiamo dal fatto che io sono sempre stato un praticante di sport, fin da bambino, dal pugilato al tennis.. fino all’incidente, in cui ho perso la gamba sinistra, e subito dopo ho iniziato la riabilitazione. Già precedentemente, avevo fatto il corso di arbitro in Sicilia, ed essendo da sempre affascinato da questo mondo, ci sono poi rimasto ! Dopo un test a Roma, mi hanno concesso l’autorizzazione a fare arbitraggio sul ring, anche se protesizzato. Ed è stato il primo caso in assoluto, perchè questa tipologia di opportunità non è stata concessa a nessun altro. E da lì, tutti si sono incuriositi ! La stampa, il mondo sportivo, i giornali, le riviste.. è partita la mia avventura ! E finalmente il pugilato ha aperto le porte alla disabilità. La mia onlus, “Sport&Mente”, si occupa anche di questo, di divulgare la causa il più possibile e sensibilizzare alla disabilità, ma anche con un pò di ironia, che serve a raccontare storie che faticano ad esser raccontate. Ed è lo strumento che mi può permettere di raccogliere fondi attraverso l’inclusione nello sport : gli eventi nelle scuole, nelle carceri, servono a dettare quelle regole che nello sport si sono un pò perse nel tempo, e che danno il giusto esempio ai ragazzi. Ma serve aiutarsi a vicenda : con gli allenatori, gli insegnanti, i genitori, per un unico scopo, perchè lo sport è uno. Quando suona l’inno nazionale, è lo stesso per tutti ! Così come la bandiera. E’ importantissimo che si sensibilizzi il tema e che vada verso questa direzione.
E la tua relazione con gli atleti sul campo ?
E’ un rapporto di reciproco rispetto, perchè vivo insieme a loro il mondo dello sport, del sacrificio e del sudore . Lo sport è condivisione, a parte le regole, e nel rispetto di questo, con una sana lealtà non bisogna temere nessuno, ma rispettare il proprio avversario. E’ lo stare bene insieme, affinchè si vada avanti nella stessa direzione, secondo me.
E quella che hai tu con il tuo lavoro e con Roberto sul ring ?
Cerco sempre di dare il massimo, essendo un perfezionista, e cercando di trasmetterlo agli atleti. Ci vuole sicurezza, prontezza, la migliore prestazione possibile, perchè meglio mi sento io e più loro sono stimolati e sollecitati a dare il meglio. La massima concentrazione è data all’atto dell’inizio del match, e bisogna stare attenti all’integrità fisica, ma prima della mia, viene la loro. Quindi, massimo rispetto per i sacrifici che fanno. E’ una sorta di condivisione, perchè rispetto loro e loro me. Anche io devo cercare di dare sempre il meglio, e fatico un pò di più per cercare di sbagliare sempre meno rispetto agli errori che può fare un normodotato. Così come succede alle donne, che faticano tanto, anzi, il doppio per cercare di essere brave quanto lo è un uomo.. così succede a me : attraverso la mia persona, dò ai ragazzini l’immagine dello sport che può dare un riscatto, come volano di ripresa, e come senso quando tutto può sembrare perduto. Niente di particolare, se non grande impegno e tanto lavoro per attribuire allo sport il giusto senso .
..e allora buon lavoro Roberto, e che sia caratterizzato sempre da tutto l’ impegno e dal tuo grande amore per lo sport !
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