Assalti a Rio
Luci rosse e verdi accese, in questi giorni, sulla scherma italiana, che torna a casa dalle Olimpiadi di Rio con quattro medaglie: l’oro di Daniele Garozzo (fioretto individuale) e gli argenti di Elisa Di Francisca (fioretto individuale), Rossella Fiamingo (spada individuale) ed Enrico Garozzo, Paolo Pizzo, Marco Fichera e Andrea Santarelli (spada maschile a squadre). Un bottino più magro del solito, soprattutto se si pensa al quarto posto della squadra maschile di fioretto e a quello della squadra femminile di sciabola, entrambi inaspettati ma in direzioni opposte.
Un bottino che ci si aspetta comunque che cresca, di qui a poco meno di un mese, alle Paralimpiadi. Dal 12 al 16 settembre infatti occhi puntati sulle gare di scherma in carrozzina, molti gli italiani protagonisti, una su tutti Beatrice Bebe Vio, campionessa del mondo di fioretto.
Ancora mistero, invece, sulla partecipazione o meno di Andrea Alberto Pellegrini, undicesimo nel ranking internazionale di sciabola categoria A, escluso all’ultimo minuto a causa di un cambiamento in corsa dei criteri di qualificazione da parte dell’IWAS, una storia che abbiamo già raccontato qui, e che ha provocato la mobilitazione del web, da Ladispoli al mondo e ritorno. In attesa degli esiti del ricorso presentato dalla Federazione Italiana Scherma all’IPC la petizione online in favore della riammissione dell’atleta ha raggiunto quota 19.000 firme e si prepara ad arrivare a 20.000. Firmare qui.
Le nostre Storie Paralimpiche, ci piace dire, sono come le ciliegie: una tira l’altra.
Mai come in questo caso ciò corrisponde al vero.
Quando intervistiamo Andrea Pellegrini è lui a chiederci di sentire Renzo Musumeci Greco, dell’Accademia Musumeci Greco 1878, storica accademia di scherma romana con cui lui tira da due anni, da quando ha ripreso con la scherma.
Ci tiene, e tanto, Andrea, a far ben figurare non sé stesso, ma chi ha lavorato con lui in questi due anni, chi lo ha sostenuto, aiutato e supportato nel suo cammino fino a Rio. Che forse non finirà a Rio, ma l’ultima parola non è affatto detta.
Un’accademia nella storia
La tradizione dell’Accademia Musumeci greco affonda le sue radici nel risorgimento, addirittura. Il fondatore della dinastia, infatti, era un siciliano garibaldino, che insegnava a tirare di spada ai picciotti. Racconta Renzo: “Poi passiamo, fino al 1900, alla tradizione dei duelli cavallereschi con i padrini per lavare le offese. Dagli anni ’30 con mio padre, e poi con me va avanti tutta questa tradizione sportiva, che coinvolge bambini dai 7 anni fino ai 70enni, sia agonistica che amatoriale. Abbiamo i maestri campioni del mondo e giovani promesse. Inoltre ci occupiamo di tutto il settore dello spettacolo, cinema, teatro, televisione, opere liriche, cappa e spada. Moltissimi personaggi dello spettacolo sono passati per la nostra sede storica, al Pantheon, che è oggi casa museo, unico museo al mondo in cui si pratica un’attività sportiva. Da Giancarlo Giannini, a Monica Bellucci, ad Alessio Boni. Ora sto allestendo il Trovatore di Giuseppe Verdi, con la regia di Franco Zeffirelli. Io sono quello che allestisce i duelli scenici”.
“Tutto quelllo che facciamo riguarda la scherma e dal 2011, in occasione del centenario dalla nascita di mio padre, abbiamo messo anche l’ultimo tassello, iniziando a occuparci del sociale”. Per completare il quadro, ma anche perché, aggiunge Musumeci: “A un certo punto della vita uno vuole anche dare qualcosa agli altri in maniera disinteressata e gratuita”. Così, dopo aver visto in azione alcuni schermidori disabili, cinque anni fa, nasce il progetto Scherma Senza Limiti, sostenuto dalla Fondazione Roma, dalla Fondazione Terzo Pilastro Italia Mediterraneo e da quest’anno anche dal CIP, che vede l’Accademia fornire servizi sportivi di scherma in maniera assolutamente gratuita a disabili di vario tipo.
Combattere a 360 gradi
“questo progetto prevede la scherma per disabili a 360gradi. abbiamo circa 20-30 disabili in carrozzina, ma questo progetto è aperto a tutti”. Anche ai non vedenti e agli ipovedenti , dunque, che hanno una tecnica particolare per la scherma, e ai disabili cognitivi (ragazzi down, autistici, persone soggette a disturbi del comportamento). In alcuni casi gli atleti si allenano in Accademia, che ha un’altra sede in Prati, scevra di barriere architettoniche, oltre a quella storica al centro di Roma, in altri sono i maestri a raggiungere centri di riabilitazione, scuole e altre strutture. “Quando andiamo in queste scuole siamo talmente gratificati dall’affetto che ci mostrano sia questi meno fortunati di noi, i quali ci applaudono, ci chiedono l’autografo, ci abbracciano, ci baciano e quindi è veramente una soddisfazione enorme quella, è un contatto umano che abbiamo spesso, molto gratificante” – prosegue Musumeci.
Un lavoro a 360 gradi, dunque, che Renzo Musumeci si augura che duri altri cent’anni: “il tipo di lavoro che facciamo è diverso per ogni tipo di disabilità. L’insegnamento in carrozzina, per uno come Pellegrini ad esempio, ha solo delle particolarità tecniche diverse, non hanno mobilità delle gambe ma in genere hanno mobilità del busto, non sempre, ma sono pienamente coscienti quando il maestropiega. Diverso è quando uno ha a che fare ad esempio con un ragazzo down, un non vedente, un autistico, del quale tu devi prima carpire l’amicizia, la simpatia, l’empatia, l’aspetto psicologico è importante”. A livello sia teorico che pratico vi è un approccio personale che richiede una certa attenzione, spiega: “per esempio una volta ci è capitato un ragazzo che addirittura aveva due tutor, due sostegni, e mi hanno spiegato che lui era molto interessato a guardare ma era un ragazzo (16 anni) pauroso di tutto, terrorizzato da tutto, anche se uno alzava la voce, certe parole non si potevano proprio pronunciare perché creavano in lui destabilizzazione. Quindi abbiamo fatto un lungo lavoro, mezza mattinata con questo, pian piano lentamente siamo riusciti a dargli sicurezza e alla fine siamo riusciti a fargli provare la scherma e lui era felicissimo, cosa che i due tutor che lo seguono da anni hanno giudicato come impensabile, e invece con questo approccio psicologico molto profondo ha funzionato”.
Dietro la maschera
Un approccio psicologico che è tipico degli schermidori, perché “gli schermidori bravi hanno un’attitudine psicologica molto importante, perché quando si fa scherma, quando si tira, quando si prepara o reagisce a un assalto c’è dietro la maschera una psicologia molto spiccata, è una lotta psicologica, non solo con l’arma ma è una questione di strategia, di finzione e di reazioni non prevedibili e da non far prevedere all’avversario. Questo fa sviluppare allo schermidore completo una discreta attitudine psicologica a capire e a comprendere chi si ha di fronte. A noi perciò non riesce difficile carpire l’amicizia e rassicurare questi ragazzi, che un volta che ci danno fiducia fanno quello che gli chiediamo noi”.
Riguardo all’esclusione di Andrea Pellegrini, Musumeci conclude: “Abbiamo lottato e lavorato durissimamente per due anni per conquistare la qualifica a Rio che avevamo raggiunto ufficialmente fino a un mese fa, poi, l’avrà raccontato lui immagino, questo fulmine a ciel sereno. Ancora non ho capito se per un errore di valutazione della Federazione o per delle strane norme esistenti nel regolamento forse mal interpretate o interpretabili diciamo in maniera forse non proprio limpidissima, pare che lui non sia più tra i dodici qualificati ma la Federazione dovrebbe ave fatto un ricorso per farlo ammettere. E siccome le Paralimpiadi sono a settembre, non come le Olimpiadi che partono il 5 agosto, hai visto mai che riusciamo in qualche modo ad aggiungerlo ai magnifici 12 del mondo che vanno nella scherma di sciabola categoria A, come la sua. Speriamo!”.