Oggi avevamo in programma un post allegro. Lo pubblichiamo lo stesso, nonostante la giornata sia triste. Tutto il giorno si sono rincorse notizie sulla sorte del ciclista iraniano Bahman Golbarnezhad, che è caduto in un tratto di strada sul circuito di Grumari, e ha battuto la testa. Su tutti i campi eravamo distratti, impegnati a confrontare a bassa voce ciò che sapevamo con ciò che sapevano gli altri. Sull’ultimo campo di giornata, quello dell’Arena Olimpica, mentre eravamo concentrati sulla finale tra Spagna e Stati Uniti e sull’arbitraggio italiano di Cristian Roja la notizia è stata ufficializzata. Bahman Golbarnezhad è morto all’arrivo al pronto soccorso.
Abbiamo riflettuto a lungo sull’opportunità di pubblicare il nostro post allegro in una giornata come questa. Abbiamo deciso che ci sembra importante farlo, proprio in una giornata come questa. Per cullare il dolore, per attraversare le ombre, per accompagnare un viaggio, per esorcizzare la paura. Per sperare che giornate così non si ripetano più. Per celebrare la vita. Sempre.
di Diana Pintus
Boulevard Olimpico
Qui e soltanto qui, e solo in questi giorni, nel tratto di strada che va tra la chiesa della Candelaria e Praça Mauã, è possibile essere al tempo stesso a Rio de Janeiro e a Venezia, a Niteroi e ad Algeri, in una base di marina militare, nel futuro, nel passato. E’ possibile essere insieme passante e volontario, Batman, Topolino e Peppa Pig, scolaresca, venditore ambulante, artista di strada.
E’ diventata un’altra, la zona portuaria di Rio, con la riqualificazione subita in vista dei giochi Olimpici , che l’ha trasformata da zona degradata a crocevia. Prima, passeggiare da soli dalla Candelaria a Praça Mauã, soprattutto dopo una certa ora, significava prendersi un rischio, e sentirsi dire dai locali (che tendono a essere molto ansiosi e iperprotettivi per quanto riguarda la sicurezza personale di chi hanno a cuore) “Ta louca!” – sei pazza, ma chi te lo fa fare!
In questi giorni Paralimpici, invece, il Boulevard Olimpico risplende, in tutto il suo fulgore. Una mostra di carrozzine variopinte ci segnala che l’arte è davvero qualcosa di onnicomprensivo, include tutto. E non a caso il progetto del Porto Maravilha, che ha cambiato il volto a quest’area, è iniziato proprio dall’arte, con l’apertura, nel marzo del 2013, del Mar, Museo d’Arte di Rio, che fin da subito si è configurato come uno strumento di diffusione e promozione della cultura, in un quartiere eterogeneo e difficile.
Si affollano, in questo piccolo riquadro di città, che tocca i due quartieri di Saude e Gamboa, testimonianze della cultura Afrobrasiliana, come il Cais do Valongo e la Pedra do Sal, dove c’era il mercato degli schiavi e dove, più recentemente, si riunivano a suonare i più grandi sambisti di sempre, che hanno dato vita a una roda de samba che sopravvive fino a oggi. Si affollano qui musica, letteratura, arte. Un altro museo di recente costruzione, il Museu do Amanhã, progettato da Calatrava e inaugurato a dicembre del 2015 si staglia come una barca sul mare a ricordarci quanto è importante, vivendo il presente, per quanto difficile esso sia, progettare il futuro, e assicurarne uno a ogni abitante di questo pianeta.
Pira Paralimpica
In questo luogo così speciale, dove è ospitata in questi giorni la torcia Paralimpica arrivata diretta dal Maracanã, si uniscono idealmente tutte l’energie che hanno mosso la meraviglia delle Paralimpiadi Rio 2016, oggi alla loro ultima giornata. Mentre teniamo gli occhi puntati sulle gare che regaleranno un’altra pioggia di medaglie e di emozioni, vogliamo dedicare questa giornata a chi, in queste Paralimpiadi, abbiamo incontrato “dietro”. A chi non si vede ma c’è, a tutti quelli che fanno uno sporco lavoro ma qualcuno deve pur farlo, insomma.
Cittadinanza
Come Fiodor Potemkin, che come risulta chiaramente dal nome, non è propriamente di qui. Russo di Mosca, naturalizzato brasiliano, vive qui da 22 anni. Laureato in economia, lo incontriamo alla Rio Olympic Arena. Dove si occupa del traffico ma fa anche il traduttore. Come Carla, professoressa universitaria dell’Unesp, che qui si occupa del traffico anche lei: ” O come Fabiano, militare del corpo Policia Militar. Ne sono venuti 3000 per le Paralimpiadi, da tutto il Brasile, selezionati attraverso una prova difficilissima per decidere chi fossero i migliori. Perchè a garantire la sicurezza di chi è venuto qui per vincere, per vivere, per raccontare, ci hanno voluto mettere i migliori. A testimoniare la possibilità di costruire un’eccellenza, di cui i brasiliani spesso non si credono capaci ma che esiste nella volontà, nell’impegno, nell’esercizio della cittadinanza, anche in momenti difficili, come quello che stanno attraversando.
In questo luogo così speciale si accorciano tutte le distanze, e basta un passaparola per riuscire a parlare con chi non c’è, come Walace De Jesus Cordeiro Maia, Policia Militar anche lui. “Nel 2013 stavo per passare alla Força Nacional (l’esercito) quando ho avuto un incidente di moto, e mi hanno amputato una gamba. Pochi mesi dopo ero già tornato al lavoro, in una posizione amministrativa, ma io non volevo quello. Quando entriamo in polizia facciamo un giuramento, che è quello di occuparci della comunità e di lottare contro la criminalità. Non che stare in un ufficio non sia importante, ma io non volevo quello. Tutto qui. Attraverso una campagna online sono riuscito a raccogliere i soldi per comprare una protesi e a maggio di quest’anno sono rientrato in servizio operativo. Faccio esattamente ciò che facevo prima dell’incidente”. Tranne lo sport: “mi piacerebbe molto, ma qui dove abito io, a Portobello, in Rondonia, uno stato nel nord del Brasile, non c’è la possibilità, c’è solo l’atletica ma per ora la pratica solo un amputato di braccio. Mi piacerebbe anche il calcio amputati, visto che io sono sempre stato bravo a giocare a calcio, ma ho paura di perdere anche l’altra gamba, perchè se la perdo poi devo fare un’altra campagna per raccogliere i soldi”.
In questo luogo così speciale ha spazio ogni tipo di arte e fantasia. Ce lo mostra Leon Alado, artista colombiano giramondo. Leon vive a Rio da un anno e mezzo, e fa l’action painter. Anzi in realtà a lui piace definire quello che fa dance painting. Performance, in cui l’artista pittura a ritmo di danza, contemporanea. “Ci si può far ispirare da ciò che si vuole. Ad esempio a me piace molto studiare i movimenti, in particolare quelli di Charlie Chaplin. Sai che ho scoperto? Michael Jackson, per imparare a ballare come Michael Jackson sai a chi si è ispirato? A Charlot! Due mondi così distanti, l’avresti mai detto che avessero qualcosa in comune?”
Leon ci accompagna nella nostra passeggiata lungo il Boulevard Olimpico, ci disegna addosso una farfalla che vola e ha i colori dell’italia e del Brasile a rappresentare il nostro lavoro. Visto che è così bravo a tracciare contorni di clima paralimpico sulla nostra pelle gli chiediamo un suo parere sull’effetto che hanno avuto i Giochi Olimpici sulla città di Rio: “non c’è nulla da fare, questa città adora gli eventi. Qualsiasi evento gli proponi, è un successo! E’ il modo che le persone hanno di accoglierlo, di viverlo. Io sono convinto che l’Olimpiade, e ancor di più la Paralimpiade, in fin dei conti abbiano aiutato molto la città. La lasceranno diversa, più cosmopolità”. Con una luce differente, più viva.
Speriamo!
Grazie a Guillo Londoño Padilla perchè gli incontri non avvengono per caso.