Esiste, in quest’Italia con poco futuro, una generazione giovanissima di atleti paralimpici, appena diplomati o poco più.
Noi di Storie Paralimpiche li abbiamo battezzati gli atleti del futuro, e tanto ci piacciono che ne abbiamo già parlato varie volte, ad esempio intervistando Francesca, Sofia, Veronica e Bebe.
Oggi ne intervistiamo un altro. Matteo Masiero, vent’anni, è un atleta ipovedente. Vive a Salzano, in provincia di Venezia, è anche lui reduce dalla maturità, e si è appena diplomato con il voto di 84/100 (di cui è del tutto soddisfatto) all’Istituto Tecnico Sandro Pertini.
E’ alla sua prima intervista in assoluto, ci confessa Matteo, e la nostra emozione per essere i primi a intervistarlo si mischia con la sua emozione di aprire per la prima volta al pubblico le porte della sua vita sportiva e personale. “C’è sempre una prima volta, no? Credo che sia importante divulgare lo sport paralimpico perché molti ragazzi con qualsiasi tipo di difficoltà non ci pensano, e preferiscono non fare niente, fare altro…”.
Il mio sport
Atleta di categoria T12, una categoria che prevede la facoltà di scegliere se gareggiare o meno con la guida, pratica atletica da due anni: “le mie specialità sono i 100 m, i 200 m, i 400 e il salto in alto, di cui sono anche campione italiano, con la misura di 1,25. Mi sono avvicinato allo sport sin da piccolo, negli ultimi anni ho fatto anche calcetto, e poi facendo un torneo a Padova ho incontrato il Commissario Tecnico della nazionale della FISPES, Raffaele Sartorato, che mi ha proposto di inizare con l’atletica”.
“Io all’inizio ero un po’ titubante – racconta Matteo. Poi ho provato le varie discipline e mi sono trovato bene, ho iniziato a incontrare le persone giuste, e a fare le prime gare, a partire dal Campionato Italiano ad Ancona e…ho proseguito”.
E sono iniziate ad arrivare le soddisfazioni che invece con il calcio, cui giocava in una squadra di Mestre, non erano arrivate: “tutto sommato nel calcio non mi trovavo molto bene, perché non riuscivo bene a vedere la palla, non era il mio sport”. Mentre l’atletica lo è, e adesso che non ha più l’impegno della scuola Matteo vede lo sport come forza principale che anima l’equilibrio della sua vita.
La principale differenza, secondo Matteo, tra l’atletica e il calcio, è che: “con l’atletica si raggiungono certi obiettivi, e si riescono a ottenere molte soddisfazioni, mentre col calcio vieni sempre messo da parte. Almeno io, con le difficoltà che ho, mi sentivo un po’ messo da parte. Sì, certo, un po’ mi divertivo”. Ma non abbastanza.
L’atletica per Matteo è “uno sport molto faticoso, che ti dà grandi soddisfazioni e è uno sport completo, che fa lavorare tutto il corpo”. I suoi modelli sono Husein Bolt e Pietro Mennea, mentre nella vita privata non sente di avere un modello ispiratore.
Correre forte
Correre molto forte per Matteo è non pensare a nulla se non a correre più forte possibile, e concentrarsi per arrivare al traguardo.
Il suo obiettivo per il futuro in ambito sportivo è quello di migliorarsi sempre, oltre a quello di partecipare alle Paralimpiadi di Tokyo, nel 2020. “la Paralimpiade ti permette di superare le tue difficoltà e ottenere prestigiosi risultati”. È uno stimolo a fare sempre meglio, insomma, concentrandosi sui passi per arrivarci, cioè: “correre molto forte e cercare di abbassare i tempi che sì, non sono male ma vanno migliorati perché sono ancora abbastanza alti rispetto a quelli richiesti in una manifestazione così importante”.
Al di fuori dello sport invece Matteo intende prendersi ora un anno sabbatico, per poi iniziare a cercare lavoro: “certo dipende da cosa si riuscirà a trovare” – chiosa.
Io e gli altri
Ovviamente, pur dedicandosi a uno sport individuale, Matteo ha intorno una squadra che lo appoggia e lo supporta: “in primis Raffaele Sartorato, che menzionavo prima, il mio tecnico Marco Chiarello e le guide Salvatore Carrè e Marco Palazzo Atleta”.
E non solo in ambito sportivo ma anche personale: “Di amici non ne ho molti, però come famiglia sì, ho grande supporto da parte dei miei genitori e di tutta la mia famiglia”. Nonostante i pochi amici, però, Matteo non si considera una persona solitaria o poco incline a socializzare. “Mi piace stare in compagnia, scambiare opinioni, però è molto difficile socializzare con i ragazzi di oggi che sono molto più veloci di me, e anche per altri ragazzi con altre difficoltà, penso sia difficile socializzare con questi ragazzi che sono molto veloci. Fino alla terza media sono riuscito ad avere un buon dialogo con i miei coetanei, poi quando ho iniziato le superiori ho fatto un po’ più di fatica. Comunque si accetta e si va avanti, cercando anche in questo di migliorare”.
La vita che vorrei
Visto che ha tutta la vita davanti, e che è la prima volta che si racconta alla stampa facciamo un gioco, con Matteo, che è quello di provare a disegnare il futuro. Non è facile, a vent’anni, cercare di immaginarsi la vita come la si vorrebbe, magari non perfetta, no, perché le vite perfette non esistono, ma una vita che sia soddisfacente per noi e per noi soli, intimamente e dal proprio personalissimo punto di vista. “Non ci ho mai pensato…ma sicuramente c’è lo sport in primo piano, che ti dà soddisfazioni e ti permette di stare bene e in salute. E poi… – esita – poi…avere degli amici con cui poter dialogare e stare anche per conto mio”. E una famiglia? “Magari, perché no!”