Foto di Carla Rotelli
Di Diana Pintus
In fin dei conti tutte le giornate di tutte le vite di tutte le persone da qualsiasi parte del mondo finiscono allo stesso modo. Non importa quanto siano comuni o speciali, drammatiche o ordinarie.
Le luci si spengono, ti siedi, finalmente, ti rilassi, ti guardi intorno e tracci il bilancio di quello che è stato, avvenimento per avvenimento, dal momento in cui hai aperto gli occhi fino a quel momento lì, il momento finale. Di qualsiasi giornata così come di questa: una giornata particolare, quella del 9 giugno allo Stadio dei Marmi quella dei Giochi Senza Barriere.
Bebe Vio ormai la conoscono tutti, nel mondo dello sport paralimpico e non solo.
Quando la incontriamo è di ritorno dal Maurizio Costanzo Show, dove ha raccontato il suo sogno: diventare, nel 2028, presidente del CONI. E se è vero che manca qualche anno e che c’è ancora molta strada da fare, il sogno non è poi così difficile da realizzare per una ragazza così: vulcanica, determinata e con le idee chiare.
19 anni, veneta, Beatrice “Bebe” Vio ha iniziato a tirare di scherma a cinque anni. Ne ho fatte di più nella scherma che fuori, insomma” – dice lei. A undici anni ha avuto una meningite da meningococco che ha portato all’amputazione delle braccia e delle gambe, quindi dalla scherma in piedi è passata alla scherma in carrozzina. “Solo che abbiamo dovuto inventarci da zero una protesi che mi permettesse di tenere in mano il fioretto e di poter tirare”. Per farlo, insieme ai suoi genitori, ha creato un’associazione che si chiama Art 4 Sport, il cui scopo è quello di riuscire a dare protesi, carrozzine, stampelle, e tutto quello che può servire a un ragazzo amputato per fare lo sport che vuole fare. “Non imponiamo nessuno sport ovviamente. – continua Bebe – Qualsiasi sport una persona voglia fare noi glielo facciamo fare, dandogli quello che gli manca”. Il bello, secondo lei, è che “non c’è nessun caso uguale all’altro. In base ad ogni tipo di amputazione c’è il bisogno di attrezzature diverse, di ausili diversi”.
Attraverso il lavoro quotidiano però Bebe e gli altri membri dell’associazione Art 4 Sport hanno scoperto che: “non basta solo dare i pezzi. Prima ancora è necessario far conoscere lo sport paralimpico, perché sono poche le persone che lo conoscono bene, e pochi i disabili che sanno di aver la possibilità di fare sport. Tantissimi stanno chiusi in casa, giocano alla play station e non sanno che possono uscire a correre anche se non hanno le gambe”. Il compito dell’associazione passa perciò, secondo Bebe, attraverso tre step successivi: “innanzitutto bisogna concentrarsi sul fare divulgazione, per poi portare più giovani possibile a fare sport, e infine aiutarli riuscendogli a dare protesi, carrozzine, stampelle e tutto quello che può servire a un ragazzo amputato per fare lo sport che vuole fare”.
La giornata di oggi è stata creata proprio con questo obiettivo.
È il 9 giugno, e allo Stadio dei Marmi si tiene la quarta edizione dei Giochi Senza Barriere. L’evento vero e proprio, che inizierà alle 20.30, sarà una gara tra otto squadre su base regionale, formate da giovani e adulti, atleti e personaggi dello spettacolo: “è uno spudorato rifacimento dei Giochi Senza Frontiere, però lo scopo è diverso, non è solo quello di far ridere ma di divertirsi insieme e fare integrazione, di spiegare bene cos’è lo sport e riuscire a fare integrazione nel miglior modo”.
Nel pomeriggio, invece, c’è un evento esterno organizzato dall’Associazione ROMA – Rehabilitation & Outcome Measures Assessement, con lo scopo di divulgare varie discipline sportive. Il tempo è incerto, la mattinata è stata caratterizzata da una tempesta tropicale un po’ anomala a Roma in Giugno, mentre nel pomeriggio inizia a uscire un timido raggio di sole, a cui tutti reagiscono con ottimismo: non pioverà, è sicuro.
Numerose federazioni e associazioni sportive hanno raccolto l’invito dell’associazione ROMA: c’è la Federazione Italiana Parathriatlon, l’associazione Ares, che si allena in una palestra di Saxa Rubra e ha nelle sue fila Noah, il più giovane atleta italiano di rugby in carrozzina. C’è Nadia Bala, tenace ragazza veneta che è venuta da Rovigo apposta per far provare il sitting volley, una disciplina ancora poco diffusa in Italia, a chi non lo conosce, ci sono le Hug Bike pensate per gli autistici e Alfonso Somma e Aldo Signori, rispettivamente capitano e allenatore dei Roma All Blinds, team di baseball per ciechi.
E poi ci siamo noi di Storie Paralimpiche, che come al solito siamo qui per collezionare storie, e le storie di questi atleti ve le racconteremo tutte, qui su questo blog, nelle prossime settimane.
Oggi siamo in una posizione privilegiata, ospiti di Art 4 Sport e dell’associazione ROMA, un’associazione ,ci spiega Domenico, uno dei suoi membri, nata da un gruppo di giovani terapisti occupazionali appena laureati. “E’ un gruppo molto affiatato, e ci troviamo bene a lavorare insieme. Lo scopo primario dell’associazione è quello della ricerca, ma a volte, come in questo caso, ci occupiamo anche di organizzare e partecipare ad iniziative che diffondano buone prassi nel campo della salute e della riabilitazione”. Sotto l’ala della Professoressa Rita De Santis i ragazzi di ROMA lavorano instancabili all’accoglienza, al trasporto degli atleti, a fare in modo, insomma, che tutto funzioni.
A partire dalla nostra postazione interviste, in cui tutti loro faranno a gara per aiutarci con l’audio, il video, le fotografie, e in cui per tutto il pomeriggio si succederanno atleti. A partire da Bebe Vio.
Di questo evento Bebe è la star, l’ideatrice, l’organizzatrice, insieme, appunto, all’associazione Art 4 Sport, e quanto ci tenga le si legge in faccia, mentre si barcamena tra gli ospiti, personaggi dello spettacolo, atleti, paralimpici e non, esigenze dell’organizzazione e giornalisti, con il pensiero fisso della maturità: “ce l’ho tra 13 giorni, quindi non ho tempo per nulla, tra Giochi Senza Barriere, esami e le Olimpiadi di Rio, che inizieranno il 7 settembre…”
Nonostante la concitazione trova però il tempo per raccontarci dei progetti di Art 4 sport: “il progetto più grande che abbiamo fatto finora è quello con la scherma. È iniziato con me, perché io facevo scherma, poi ne sono arrivati altri, anche forti, come ad esempio Emanuele Lambertini, che adesso è in nazionale anche lui, ed è molto forte. Lui è stato il terzo ragazzino che è entrato nell’associazione”.
L’associazione, spiega Bebe, è specializzata in minorenni e amputati: “poi ovviamente non è che una volta compiuti 18 anni gli togliamo tutti i pezzi, però per entrare nell’associazione devi essere amputato e minorenne. In particolare seguiamo tanto anche il calcio amputati, seguiamo tanto il basket, ma abbiamo snowboard, abbiamo canoa, abbiamo equitazione, danza, atletica. Gli sport sono tutti, non c’è distinzione. In base al ragazzo poi magari iniziamo a conoscere un nuovo sport, ci chiede anche lui magari un progetto, o spesso ci invitano ad altri eventi o ad aiutare altri progetti”.
Mentre gli ospiti, tra cui gli otto capitani delle squadre: Valentina Vezzali (Piemonte), Simona Atzori (Sardegna), Antonio Rossi (Lombardia), Paola Perego (Emilia Romagna), Melania Corradini (Friuli Venezia Giulia), Paolo Migone (Toscana), Saturnino Celani (Veneto) e Martin Castrogiovanni (Lazio) iniziano ad arrivare, sale l’attesa per quello che succederà stasera. Negli occhi di tutti c’è una scintilla divertita, e l’attesa per quello che sta per succedere. E Bebe deve scappare via, ma non senza un’ultima battuta che restituisce il senso e lo spirito della serata: “io ho capito quanto la scherma mi sia servita non solo per tornare a una vita normale ma potermela godere molto di più di come me la godevo prima. Ho scoperto tutto un mondo, quello dello Sport Paralimpico, che è stupendo, e da cui non vorrei più uscire. Quindi ho detto: se a me è servito così tanto perché non poter aiutare gli altri? Penso che qualsiasi altra persona l’avrebbe fatto, perché se veramente capisci quant’è importante aiuti gli altri, è naturale”.
Così come è naturale per Veronica Yoko Plebani, bresciana, 20 anni, appassionarsi alle new entry, e cioè agli sport che per la prima volta vengono inseriti nel programma paralimpico. “Alle Paralimpiadi invernali di Sochi 2014 ho gareggiato nello snowboard, che era al primo anno da disciplina paralimpica. A RIO 2016 parteciperò nella canoa, anch’essa al debutto in una Paralimpiade. A questo punto devo pensare a Tokyo cosa ci sarà di nuovo. Mi piacerebbe il Thriatlon, però il thriatlon è nuovo quest’anno a Rio, e quindi non va bene. A Tokyo ci saranno il Badminton e il Taekwondo per la prima volta, ma non èche mi ispirano tanto. A me piacciono le cose più faticose. Vedrò di inventarmi qualcosa”.
Veronica ha avuto, cinque anni fa, una meningite rara, che le ha causato delle amputazioni, e si è avvicinata allo sport grazie all’associazione Art 4 Sport, racconta: “vedendo Bebe Vio e tutti gli altri atleti che ce la facevano anche con le protesi ho iniziato ad avvicinarmi allo sport, a uscire in canoa sul fiume, ho ripreso snowboard che facevo anche prima di ammalarmi, e sono arrivata alle prime gare internazionali per poi partecipare alle Paralimpiadi invernali di Sochi 2014, dove ho gareggiato nello snowboard, e ora mi sto allenando per le Paralimpiadi di Rio de Janeiro, dove parteciperò nella canoa, appunto, nella gara dei 200 metri. Mi sono trasferita a Milano e mi alleno 6 giorni su 7 all’idroscalo. Due settimane fa al mondiale ho fatto un 4 posto che mi fa ben sperare per combattere per la medaglia a Rio, e quindi è già qualcosa per quest’anno”.
Veronica, che ha un anno in più di Bebe e quindi ha fatto la maturità l’anno scorso, si è presa un anno sabbatico visto il grande impegno che lo sport le richiede in questo momento: “dopo Rio mi concentrerò di nuovo sugli sport invernali, e però mi vorrei concentrare anche sull’università, Scienze Politiche indirizzo Relazioni Internazionali a Bologna. Per ora alle superiori ce l’ho fatta a conciliare sport e studio, vedremo all’università, certo sarà più impegnativo ma credo che se hai voglia e impegno si possano conciliare”.
Prima della malattia Veronica già praticava Snowboard: “andavamo io, mio fratello e mia mamma, che lo faceva molto bene. Io ero quella che aveva iniziato più tardi, che lo faceva un pochettino male, lo facevo più per piacere, nei week end. Quando ho ricominciato dopo la malattia invece era una sorta di sfida, perché sai, non riuscivo a stare tanto in piedi dopo l’ospedale, andare sullo snowboard non era la prima cosa che mi veniva in mente, anche perché lo snowboard non è proprio la prima cosa che ti metti a fare, però volevo tornare a fare quello che facevo prima, non volevo cambiare sport, anzi in realtà non volevo cambiasse molto, nella mia vita, quindi ho continuato a cercare di fare quello che avevo sempre fatto.
Il suo approccio allo snowboard e allo sport in generale, però è un po’ cambiato: “Tra prima e dopo la malattia sicuramente sono entrate in ballo emozioni diverse, per esempio prima non avrei mai avuto la possibilità di partecipare a un gioco olimpico, quindi…è tutto un’altra storia. In qualche modo mi ha fatto aprire una possibilità in più”.
Per Veronica Giochi Senza Barriere “è un bel punto di mixaggio, non so se si può dire mixaggio, ma mi sembra la parola giusta, tra sport, disabilità, atleti e personaggi dello spettacolo, quindi un bel momento per avvicinare tutti a questo mondo”.
E esattamente questo è quello che succede: alle 20.30 in punto, come una magia, tutto si sposta in campo e sugli spalti, e in uno Stadio dei Marmi dove, come per miracolo, non è caduta una goccia di pioggia in tutta la serata, c’è posto solo per il gioco e la sfida, magistralmente presentata dal trio Medusa e intensamente partecipata da tutti i concorrenti, che corrono e si lanciano, si tuffano, cadono e ripartono. E in questo mixaggio meraviglioso è facile perdersi il vincitore perché il vincitore sono tutti.
Anche se, per dovere di cronaca, è il caso di dire che a fare il punteggio più alto è stata la squadra della Lombardia, cioè la squadra verde di Veronica Yoko Plebani, che fin dal pomeriggio era motivatissima a ottenere la vittoria.
Mai come in questo caso c’è abbondanza di persone da ringraziare
A cominciare da tutta l’Associazione ROMA e ovviamente Art 4 sport Onlus, per tutti i tipi di supporto: logistico, tecnico, organizzativo e umano, in particolare Pina e Marco, che hanno la nostra stessa idea del condividere, Andrea Pompili che “rapiva” gli atleti e me li portava e Domenico a cui ho rapito il cellulare.
Carla Rotelli, fotografa davvero preziosa.
Mascia, Ania e Ruslan della Cooperativa Sociale Integrata Matrioska, video giornalisti molto più d’assalto di me.
Giovanni Martuscello e Moltedo Ricami per il banner
L’associazione Ares, Gianluca Cacciamano e la Federazione di Parathriatlon, i Roma All Blinds, di cui prossimamente racconteremo.
Veronica Yoko e ovviamente Bebe Vio.
Nadia Bala perché già ci leggeva e perché ha scelto di dedicarci più tempo, e perché il sitting volley è uno sport bellissimo.