Di Diana Pintus
Momento luminoso
Dolcezza, sensualità
Lussuria, fantasia
Sogno, felicità.
Troverai
Nella mia città
Troverai in questa città…Jorge Ben Jor – Engenho de Dentro
10 settembre – h 18.30 – Stadio Olimpico Engenhao
Dentro allo stadio costruito tra mille polemiche a Engenho de Dentro, un quartiere semplice, suburbano, di passaggio e diviso dalle rotaie del treno, Martina Caironi prende la rincorsa per il primo dei sei lunghissimi salti che le varranno la medaglia d’argento, la prima per l’atletica italiana, nella gara di salto in lungo T42 (amputate sopra il ginocchio).
Più lungo di lei salta solo la tedesca Vanessa Low, fresca di protesi nuove, che vola verso il nuovo record mondiale:
“Quasi subito ho avuto chiaro che non l’avrei potuta battere, e così ho saltato per me, per migliorarmi”. E ci è riuscita, Martina, che ha saltato 4.66, sei centimetri più lungo del precedente record italiano (sempre suo), 4.60. Ci è riuscita, a portare a casa la prima medaglia brasiliana, che era lì ad aspettarla da tanto, chissà, forse da sempre. Ci è riuscita di fronte a un pubblico che è lei stessa a definire speciale: “è il migliore che io abbia mai visto, dalla pedana si sentiva tutto il calore, tutta la partecipazione”. Tutto l’amore carioca, insomma, che viene sempre dato alle persone che se lo meritano.
Come lei, che mentre salta sorride, è concentrata e sorride, aspetta il risultato e sorride, e sorride sul podio, premiata dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti, e gioca con la medaglia, con Tom, il pupazzo mascotte dei Giochi Paralimpici di Rio 2016. Questo è in primis ciò che la rende vincente: essere profonda, ha dedicato la medaglia alle vittime di Amatrice perchè “sono giorni che ci penso: loro hanno avuto un’altra possibilità, io no”, e al tempo stesso essere allegra, sorridente, “un po’ pazza”, come dice lei stessa, avere gli occhi che le scintillano, la gentilezza innata. La gentilezza questo pubblico, questa città, questo popolo, la praticano, e dunque la sentono e la apprezzano.
Gentileza gera gentileza, dice una frase di José Datrino, detto Profeta Gentileza, che ha passato la sua vita a scriverlo sui muri del viadotto dell’Avenida Brasil, nella zona portuaria di Rio de Janeiro.
Pochi sanno cosa motivava davvero questo personaggio un po’ strano, considerato per molto tempo più un pazzoide che un artista, a tentare di inculcare dentro le persone il senso reale delle parole Agradecido (grato) e Gentileza. La leggenda racconta che la scintilla sia stata la Tragedia del Gran Circus Nord-Americano, un incendio appiccato a Niteroi il 17 dicembre del 1961, che ha causato la morte di più di cinquecento persone, in maggioranza, trattandosi di un circo, bambini. Si racconta che sei giorni dopo, antivigilia di Natale, Josè abbia preso il suo camion e si sia trasferito nel luogo dell’incendio, iniziando a piantare un giardino e un orto sulle ceneri dell’incendio. Si racconta che una volta completata la sua opera di “consolatore volontario” sul luogo della tragedia abbia iniziato una vita da ramingo, incollando per la città frasi di amore, bontà e rispetto per il prossimo e per la natura. Si racconta che a chi lo chiamava pazzo rispondeva: “sono matto d’amore e pazzo della tua salvezza”.Si racconta anche che sebbene avesse adottato la gentilezza come un mantra fosse “aggressivo, moralista e sboccato”, che faceva voci, offendeva e minacciava di picchiare i passanti. Il che, ai nostri occhi, lo rende più interessante. Perchè come tutte le persone era pieno di sfumature. Proprio come le Paralimpiadi e le persone che le abitano, con le loro sfumature che cerchiamo di raccontarvi ogni giorno.
grazie a Martina e alle sue mille sfumature (sempre più azzurre, dalla punta dei capelli).