Di Diana Pintus
Pronti, partenza, via!
Due giorni, due giorni soli e iniziano le Olimpiadi di Rio 2016.
Non tutti sono contenti, non tutti sono convinti che la città sia pronta per l’evento, e probabilmente non lo è davvero.
Ma poco importa.
Due giorni, due giorni soli e iniziano le Olimpiadi di Rio 2016.
Le chiacchiere stanno a zero. La fiamma si accenderà e tutto succederà. Noi speriamo per il meglio.
E speriamo anche, da sempre, che le Olimpiadi, e le Paralimpiadi, saranno non solo belle da vedere ma anche utili.
Utili a interrogarsi sull’eredità positiva che un evento simile può lasciare alla città, e utili a interrogarsi sul valore profondo dello sport.
Non solo nei luoghi illuminati dal fuoco della torcia olimpica, ma anche e soprattutto in quelli più lontani, sconosciuti, dimenticati. In quelli in cui nessuno capiterebbe se non perchè ha qualcosa da fare.
“La ONG Terr’Ativa – ci racconta la coordinatrice della ONG Justine Laborde – è stata creata nel 1999, con l’obiettivo di promuovere l’accesso all’educazione, alla cultura e allo sport per bambini e adolescenti in situazione di rischio sociale. Dal 2008 è l’unica realtà della società civile attiva nel Morro do Fubà, una favela nella zona nord di Rio de Janeiro (nella località di Cascadura), che da più di sette anni è sotto il controllo di una milizia. Alle attività culturali e sportive della ONG, partecipano circa 40 bambini dai 6 ai 12 anni che abitano nella comunità, giovani che raramente sono incentivati dal contesto familiare. I bambini partecipano tre volte a settimana, con tre ore al giorno di attività di sostegno scolastico, informatica e sport, attraverso il progetto Tico-Tico no Fubà”.
L’associazione Terr’Ativa, fondata e gestita da francesi, é stata scelta per essere la beneficiaria del progetto SOLIDA’RIO, proprio nell’ottica di sfruttare le Olimpiadi per fornire un aiuto duraturo e concreto per i giovani dei quartieri periferici e dimenticati di Rio Città Olimpica. Secondo i patrocinatori del progetto l’obiettivo di SOLIDA’RIO è appunto quello di “aiutare la ONG a rinnovare gli spazi dove sono portate avanti le attività scolastiche e culturali e costruire un impianto polisportivo nella Scuola Municipale della Comunità, in modo da beneficiare non solo i 50 ragazzi della ONG ma anche i 500 alunni della scuola, che al momento non dispongono di un’infrastruttura adeguata per realizzare le loro attività sportive”.
L’associazione francese UNIS VERS LE SPORT, che si occupa di programmi socioeducativi in varie parti del mondo (nel 2008 ha aperto una scuola in Mali con la collaborazione dell’UNESCO) che combinano rinforzo scolastico, attività sportive e partecipazione a scambi culturali solidali e considera, nella sua visione, lo sport come un vero e proprio strumento pedagogico, ha unito le forze con l’impresa SPORT STORY, che “offre soluzioni di comunicazione e sensibilizzazione per avvicinare lo sport alla sua comunità e sviluppare progetti (sociali, umani, ambientali), attraverso il transmedia storytelling, un procedimento che permette di sviluppare una storia attraverso l’uso di vari media, creando un universo interattivo e accessibile ovunque, in ogni momento e in molte forme, che permette agli spettatori di vivere un’esperienza unica”.
Guarda caso l’idea di SPORT STORY è venuta ai suoi creatori Laurent Daufès e Dominique Georges durante i Giochi Olimpici di Londra.
Guarda caso il progetto Solida’Rio ha come madrine la pluricampionessa mondiale e medaglia olimpica di Judo Gévrise Émane e Laura Flessel (campionessa mondiale di scherma).
Guarda caso la nazionale francese di scherma ha visitato più volte i bambini che partecipano al progetto a casa loro, nel Morro do Fubà. E secondo i racconti della coordinatrice di Terr’Ativa Justin Laborde hanno partecipato anche a gite realizzate con i ragazzi in luoghi di Rio de Janeiro che altrimenti non avrebbero mai visitato (così come la Nazionale francese di scherma non sarebbe altrimenti mai capitata nel Morro do Fubà).
Guarda caso, o forse no, perchè se le Olimpiadi non ci fossero non ci sarebbe neanche SOLIDA’RIO…
Grazie a Justine Laborde, amica meravigliosa e donna fortissima, a Terr’Ativa e a tutti i suoi ragazzi, che ci hanno fatto passare una giornata meravigliosa in cui tutto abbiamo fatto tranne che parlare di sport paralimpico (le case con l’argilla, il pictionary, la merenda). Perchè nei posti che non sono illuminati dal fuoco olimpico spesso si fa quello di cui c’è urgenza e bisogno, ma intanto senza accorgersene si sta parlando di sport e di come può cambiare la vita. Non solo agli atleti disabili, ma a tutti noi.