L’intervista a Matteo prende forma da subito : mi coinvolge nel suo mondo fatto di incontri, di relazioni, di mille impegni, e naturalmente di tanto, tanto basket. Fin da subito, mi apre la porta della sua quotidianità, su ciò che lo ha spinto ad arrivare dove è arrivato. E a rimanere. Matteo è il capitano della squadra di basket in carrozzina del Santa Lucia, e ormai da 8 primavere, continua a testa alta a portare avanti un sogno che fin da piccolissimo voleva coronare, e che poi è arrivato, piano piano, a fare quasi da padrone nella sua vita. Perchè ormai il basket è la ragione di vita ! E il pane quotidiano .
-Mi racconti come è iniziato tutto ? I tuoi esordi, lo sport, l’importanza di tutto questo, quando è arrivato, perchè…
(Matteo) Allora, io sono nato a Brescia e cresciuto in un piccolo paesino di provincia. Quando avevo 14 anni giocavo a calcio e il mio sogno era diventare il capitano della nazionale, anche se non ero molto bravo, e non avevo speranze di emergere come calciatore. Però all’epoca, per me era un sogno, e vivevo per questo ! Mi allenavo mi allenavo mi allenavo .. Poi è arrivato il giorno in cui ho fatto l’incidente in motorino : credevo di essere invincibile, insuperabile, sottovalutando un pericolo e pagandola, fortunatamente non a caro prezzo, ma mi è costato una gamba. E non solo : vedere il mio sogno bruciare e sfumare. Ho avuto un periodo in cui avevo perso la fiducia nella vita, la speranza. Fino al giorno dei 17 anni, in cui ho incontrato due ragazzi in un ufficio pubblico che mi hanno visto zoppicare e mi hanno chiesto di provare a giocare, ed è stato amore ! Lo sport fisico e l’agonismo,anche in carrozzina, mi hanno fatto iniziare a credere in quello che facevo, come quando ero ragazzino, iniziando a crederci ! E da lì, il viaggio verso tutto quello che poi si è avverato, poco a poco è arrivato. E ci ho creduto, fino a quando poi sono diventato il capitano della squadra Nazionale di basket in carrozzina !
– E come sei arrivato poi al Santa Lucia ?
(Matteo ) I ragazzi della squadra li conoscevo grazie alla Nazionale dove già giocavo, e mentre i treni passavano continuamente, a 35 anni mi sono deciso a scendere a Roma, lasciando il lavoro a Brescia e trovando una seconda famiglia e un ambiente spettacolare all’interno della squadra che ha permesso di realizzarmi come atleta a 360° gradi. E ormai, dopo 8 anni, sento che ci siamo tolti molte soddisfazioni : tante vittorie, un terzo posto in Europa.. E non solo a livello professionale, ma anche sotto tutti gli aspetti di vita, che è piena e che ringrazio quotidianamente per ciò che mi riserva di continuo. Ho due bambine bellissime, un lavoro come impiegato informatico per la Federazione Italiana Canottaggio, che mi permette di lavorare la mattina e allenarmi di pomeriggio. E la famiglia ormai stabilita a Roma.
– .. quindi, a proposito di vittorie e di sconfitte .. come le affronti ?
(Matteo) Ecco, appunto ! Un paio di settimane fa abbiamo perso la coppa Italia, e mi sono accorto che a 41 anni non ho ancora trovato il sistema di metabolizzare la sconfitte ! Nonostante abbia perso molte partite, ancora mi infervoro se perdo !! E parlandone è quello che poi mi ha fatto vincere tanto ! Si, ho vinto tanto, ma chissà perchè ricordo sempre più le sconfitte che le vittorie !
– Ma ti fa incavolare pensare di incavolarti perchè hai perso o proprio è la sconfitta che ti destabilizza ?
(Matteo)No, no !! (Ride) Però era davvero una bella partita, e perdere ti fa rimuginare dentro.. e certo, anche la voglia e le motivazioni per migliorarmi .
– ..e quindi le vittorie, quando arrivano.. come ti fanno sentire ?
(Matteo) Ad esempio l ‘anno scorso, quando abbiamo fatto il triplette italiano in coppa Italia, e con quelle prestazioni con la P maiuscola; quelle si, sono soddisfazioni, raccogliendo i frutti del tuo lavoro ..
– E in relazione al tuo sport, ci sono dei sogni, o degli obiettivi che non hai ancora fatto tuoi e che vorresti raggiungere ?
(Matteo) La coppa campioni !! L’ho persa due volte in finale e mancherebbe proprio quella. Sarebbe davvero realizzare una carriera. E poi comunque c’è sempre il discorso della nazionale : l’anno scorso abbiamo fallito il discorso della Paralimpiade, ed ero tentato di lasciare la Nazionale, dando largo ai giovani. Ma mollare dopo una sconfitta significherebbe una sconfitta doppia : e allora sono rimasto, e ho accettato di ripartire con una nuova sfida con Carlo di Giusto, il mio allenatore, e sicuramente daremo il massimo ! Ci sono parecchi giovani da far crescere, e il prossimo europeo sarà tra due anni, quando ne avrò 43, e fino a quando riuscirò a dare il mio, sarà il campo a deciderlo, non la carta d’identità !
– E per quanto riguarda l’ integrazione, secondo te è bene che lo sport adattato rimanga tale, o è fondamentale l’inclusione in relazione alle disabilità ? Come la vedi una squadra integrata ?
(Matteo) Sinceramente non mi piace, perchè un ragazzo normodotato ha tutto ciò che gli serve per fare sport. Se serve a sensibilizzare, ok, sono d’accordo, ma l’agonismo è esclusivo delle persone disabili. Se vuoi fare agonismo, purtroppo devi essere selettivo : sono talmente tanti gli sforzi che uno deve fare per riuscire a raggiungere il top, e l’agonismo mescolato alla promozione va bene, ma non è l’obiettivo, perchè lo sport va affrontato con tutta la forza e dedicandoti con tutto te stesso. Potrebbero essere tanti gli esempi, e tante le situazioni e le possibilità, e il basket credo sia la disciplina più completa, perchè dalla palestra non mandi via nessuno : nel basket in carrozzina, ad ogni patologia viene assegnato un punteggio, che va da 1 a 4 e mezzo : più si alza la gravità della patologia, più si abbassa il punteggio, in modo che i cinque in campo che entrano, non possono superare i 14 punti. Questa regola, fa diventare la pallacanestro super affascinante, e noi dobbiamo rispettare questa classificazione, trovando il mix vincente di questi 5 . La mia disabilità è 4 e mezzo, ma ci sono patologie intermedie in cui mezzo punto in più o in meno ti cambia il quintetto e ti permette di vincere o perdere le partite. Chi ha inventato questa regola, secondo me, è un grande, perchè nessuno è escluso, e tutti giocano ! Soprattutto adesso che si tende a spettacolarizzare lo sport ( vedi Pistorious, ad esempio), e in cui tutto diventa spettacolo, noi abbiamo bisogno di disabilità sempre più gravi. E’ pur vero che la pallacanestro è uno degli sport più vecchi e con più storia, con un bacino di utenze ampissimo, diverso da sport più giovani che non possono permettersi una dinamica simile. E’ proprio l’ aspetto più meraviglioso di questo sport !
Grazie a Matteo, ai suoi compagni, allo speciale dedicato al basket in carrozzina e a tutto il fascino che sprigiona ! Suerte a tutti voi ragazzi, perchè solo per la forza e il coraggio, siete e rimarrete vincenti sempre !