Di Chiara Laurenzi
Giocalciando è un’Associazione Sportiva Dilettantistica senza scopo di lucro che nasce nel 2009 per volontà comune di alcuni tecnici federali, ed ha all’attivo un grande staff composto da psicologi e medici , e tanti , numerosi appassionati, che come amano definirsi, ” sono per lo più itineranti e girovaghi “ !
In un freddo pomeriggio romano, incontro Roberto Chimenti, presidente dell’ASD, assieme a Walter Angeletti, responsabile dell’area tecnica. E un flusso di informazioni, persone, luoghi, ma soprattutto sogni e “sinergie”, come ama definirle Roberto, è il passepartout per entrare in questo mondo fatto di bambini, “TUTTI, a 360 ° ”. Un luogo dove si contempla una crescita sana, un’educazione e un integrazione sociale a tutti gli effetti .
IL SOGNO
L’unico strumento : il pallone che rotola e che aiuta a comunicare con i bambini, che sono lontani anni luce da concetti come “vittoria” o “sconfitta” : quello che s’impegnano a fare a Giocalciando, è trasmettere ciò che poco a poco si va perdendo, ovvero l’umanità, e il rispetto per l’altro . Esattamente quello che nella scuola italiana, oggigiorno, è stato cancellato dalla lista delle materie curriculari, e che invece dovrebbe essere la prima materia per eccellenza . L’educazione civica è la base. Includere e integrare sta a Giocalciando come l’abbattimento delle discriminazioni e delle barriere sulla disabilità. L’idea di scambio è necessaria come fosse ossigeno ; il movimento e la voglia di promuovere la socializzazione, sono strumenti preziosi. I sogni, in questa grande (di sensibilità e di animo) Associazione Sportiva, di sicuro non mancano, e sono proprio quelli che hanno portato i numerosi bambini e ragazzi a muoversi insieme; “pifferai magici itineranti”, come ama definirli Chimenti, che si spostano ovunque ce ne sia il bisogno .
L’INCONTRO
Nessuna scuola calcio, dunque, ma bambini che si ritrovano insieme per giocare, e fare in modo che il gioco rimanga tale, perché tutti vincono ! E Giocalciando è per tutti/verso tutti : non solo, dunque, un discorso rivolto alle disabilità ( cooperative sociali, etc.), ma anche agli stranieri, e a chiunque voglia avvicinarsi ad un progetto integrato e culturale. Si, perché oltre a lodare le differenze, in questi anni si sono costruiti eventi, tornei, giornate dedicate allo sport come luogo di incontri : le forze armate, l’ambiente, la pittura. Il calcio è vissuto come strumento che stimola, include e apre le porte verso la cultura e percezioni altre che forniscono l’accesso a tutto ciò che abbia a che fare con educazione e crescita. “Bisogna essere un po’ creativi”- spiega Roberto, “usando però la massima professionalità”.
Un sogno in cui di certo le difficoltà incontrate sono state innumerevoli, ma alla stessa maniera delle soddisfazioni e della gratitudine che possono dare il gesto del ” dammi un cinque” tra un ragazzino autistico e uno normodotato a fine partita.
I RISULTATI
E alla fine ? Che succede in campo ? Quasi come fosse un’alchimia, la fusione di chi è coinvolto con tutto ciò che lo circonda è inevitabile. E allora se il ragazzino della squadra “primavera” cerca a fine partita quello della cooperativa sociale, la magia si è compiuta ! La vittoria raggiunta ( e adesso si che si può parlare di vittoria ! ) !! “Lo sport, se fatto con criterio e costantemente, può essere una strada percorribile .Ecco perché dobbiamo essere gocce cinesi, e lavorare professionalmente” sostiene convinto Roberto.
“E’ un mondo nel mondo”, dice Walter : “ in cui basta unire al gesto tecnico e tattico delle pillole per dare un contributo. Se pensiamo al calcio inteso solo come gesto tecnico, è semplicemente riduttivo, e non lo farei. Sapersi relazionare attraverso lo sport è importantissimo. Sconfitta e vittoria vanno a braccetto con il concetto dei valori : il bambino è il primo che vuole vincere. Ma il problema è nel nocciolo : la soddisfazione della vittoria attraverso un percorso, fatto di dedizione, impegno, rispetto delle regole, sostenendo un compagno anche quando sbaglia. L’idea di gruppo : in fondo, la vittoria è questo, anche quando si perde in campo”.
Perché vincere è rispettare l’altro .